Dei profughi sopravvissuti al mare, delle Ong che li hanno salvati e della retorica razziale: Italia - Sudafrica
Zuccaro come sappiamo ha puntato da tempo il dito contro le ONG accusandole di salvare i profughi in combutta con i trafficanti: il 3 maggio lo ha ribadito anche davanti alla Commissione Difesa del Senato (qui l'intera audizione trasmessa da Radio Radicale). Non avendo prove da produrre, per sua stessa ammissione, ha distratto l'attenzione dei senatori e dei media attenti a ogni sua virgola, con una riflessione non di competenza giuridica: «Vi sono però anche altri interessi in gioco che vanno considerati, e tra questi l’impossibilità a mio avviso di ospitare in Italia la migrazione di carattere economico». Un giudizio politico, o sociologico, o economico, di sicuro non in punta di legge. Un'opinione personale da esprimersi in contesti privati, non in un'audizione pubblica di fronte a una delle più alte istituzioni dello Stato. Intanto i suoi colleghi di Catanzaro arrestavano una settantina di persone, tra cui un prete, che lucravano sull'accoglienza dei profughi nel centro di Isola di Capo Rizzuto. Italiani, esponenti della 'ndrangheta o vicini ad essa, da oltre dieci anni incassavano i fondi destinati alla gestione del centro per richiedenti asilo.
Tornando alle accuse scagliate contro le Ong, c'è da aggiungere che sempre davanti alla Commissione Difesa di Palazzo Madama il Procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, ha affermato che «A noi come ufficio non risulta di asseriti collegamenti, obliqui o inquinanti, tra Ong e trafficanti, eppure abbiamo sentito centinaia di persone in proposito».
Come prevedibile visto la intangibilità delle accuse, usate ad arte dalla politica da Processo del Lunedì, la suddetta commissione ha sancito, martedì 16 maggio 2017, che non ci sono inchieste aperte nei confronti delle Ong ma semmai verifiche della responsabilità di alcuni singoli soggetti. Forse, probabilmente, ma singoli soggetti che rispondono personalmente di eventuali reati penali.
La domanda sorge spontanea: Perché danno fastidio le Ong che salvano i profughi in mare? Se lo è chiesta Daniela Padoan, scrittrice e saggista, che ha scritto un documentato articolo per il sito dell'associazione antirazzista A-dif.
Un pleonasmo, visto che già le Ong effettuano operazioni di salvataggio con la Guardia costiera.
Il procuratore facente funzioni di Trapani, Ambrogio Cartosio, ha spiegato sempre alla commissione Difesa che in caso di pericolo di vita «E' sempre legittimo intervenire in mare per salvare vite in pericolo». Lo dice il Codice penale, lo dice il Codice del mare, lo dice il buon senso, lo dice il senso di umanità. Princìpi che dovrebbero essere alla base di quei "valori occidentali" a cui si richiama la Cassazione nella sentenza sul coltello Sikh. I giudici anziché limitarsi a dire che nessuno può girare armato di coltelli considerati un'arma come vietato dalla legge italiana alla quale i membri dell'Assise dovrebbero fare riferimento nelle loro enunciazioni, sono entrati di soppiatto nel periglioso terreno dell'etica abbandonando quello invece naturale del diritto, sancendo che «è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale». Attenzione, non di conformarsi ai valori della società in cui l'immigrato vive. No!
I valori a cui "l'immigrato" - lui - si deve conformare sono quelli di un generico "mondo occidentale" - noi - riassunto in tutte le sue complessità in queste due parole.
Parole che fanno un torto alle vittime di stupro e allo stesso tempo al progresso dell'umanità e dei suoi diritti e dei suoi doveri. Che sono gli stessi, di fronte alla legge, per tutti a prescindere da sesso, colore, credo religioso o politico. Ne è nata, da parte di alcuni, una surreale corsa a giustificare con arrampicate sui vetri e nonsense in cui, ancora una volta, si confondono le leggi e i valori. Tra loro singoli semplici cittadini ma anche oracoli viventi. Tutti a parlare di buonsenso, di quel senso comune ideologia trionfante di cui scrive Edoardo Crisafulli in una giustamente preoccupata riflessione sul senso della politica che non traccia la via ma insegue la corrente.
Uscendo dall'Occidente, o forse rimanendoci a dire il vero, in Sudafrica c'è un giornalista che ha le stesse paure di Crisafulli, anche se ovviamente su un tema locale, sudafricano. Domani, 18 maggio potete leggerlo su Panorama in un breve articolo che ho appena finito di scrivere sul Sudafrica e su Julius Malema, un giovane nero populista ex delfino del Presidente Zuma e ora suo principale nemico; un politico che ha sulle spalle varie condanne per incitamento all'odio razziale nei confronti dei bianchi. Il giornalista avverte che questo astro nascente e crescente della politica sudafricana usa tutti i trucchi della retorica razzista, della propaganda che infiamma le persone le une contro le altre.
Omettendo di specificare almeno quali siano i confini di questo "mondo occidentale"; eliminando le differenze marcate e sostanziali che lo attraversano; sfuggendo una elencazione almeno per sommi capi di questi valori che son culturali, religiosi, storici, politici.
Quindi uomini (e forse donne) di legge che invece che alle leggi fanno riferimenti ai valori. I valori del "mondo occidentale" fanno poi davvero un po' sorridere per l'ingenuità e per l'assoluto odore ottocentesco, molto colonialista, di campi di cotone e legno umido di forzieri e galeoni, di juta e foreste inesplorate e ancora ricche. Fa un po' Salgari, fa un po' Compagnia delle Indie, fa un po' Kunta Kinte che potete rivedere sul web sia nella prima versione del 1976 sia nel mini serie di Bbc.
Quindi uomini (e forse donne) di legge che invece che alle leggi fanno riferimenti ai valori. I valori del "mondo occidentale" fanno poi davvero un po' sorridere per l'ingenuità e per l'assoluto odore ottocentesco, molto colonialista, di campi di cotone e legno umido di forzieri e galeoni, di juta e foreste inesplorate e ancora ricche. Fa un po' Salgari, fa un po' Compagnia delle Indie, fa un po' Kunta Kinte che potete rivedere sul web sia nella prima versione del 1976 sia nel mini serie di Bbc.
Stesso sentimento d'altri tempi provocato dalla frase di Debora Serracchiani che s'inventa un'aggravante etnica dello stupro - aggiunto d'imperio alle circostanze aggravanti invece sancite dalle norme vigenti - e che buona parte dell'opinione pubblica ha respinto definendola inaccettabile come ha fatto Radiopopolare. La violenza è sempre violenza, hanno detto in tante come Monica Lanfranco su Il Fatto Quotidiano, o come ha testimoniato una donna vittima di stupro da parte di un uomo italiano e non per questo meno ferita.
Utile diventa ricordare le parole pronunciate, anzi scritte in un comunicato stampa, dalla esponente del Partito democratico: «La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese».
Utile diventa ricordare le parole pronunciate, anzi scritte in un comunicato stampa, dalla esponente del Partito democratico: «La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese».
Parole che fanno un torto alle vittime di stupro e allo stesso tempo al progresso dell'umanità e dei suoi diritti e dei suoi doveri. Che sono gli stessi, di fronte alla legge, per tutti a prescindere da sesso, colore, credo religioso o politico. Ne è nata, da parte di alcuni, una surreale corsa a giustificare con arrampicate sui vetri e nonsense in cui, ancora una volta, si confondono le leggi e i valori. Tra loro singoli semplici cittadini ma anche oracoli viventi. Tutti a parlare di buonsenso, di quel senso comune ideologia trionfante di cui scrive Edoardo Crisafulli in una giustamente preoccupata riflessione sul senso della politica che non traccia la via ma insegue la corrente.
Uscendo dall'Occidente, o forse rimanendoci a dire il vero, in Sudafrica c'è un giornalista che ha le stesse paure di Crisafulli, anche se ovviamente su un tema locale, sudafricano. Domani, 18 maggio potete leggerlo su Panorama in un breve articolo che ho appena finito di scrivere sul Sudafrica e su Julius Malema, un giovane nero populista ex delfino del Presidente Zuma e ora suo principale nemico; un politico che ha sulle spalle varie condanne per incitamento all'odio razziale nei confronti dei bianchi. Il giornalista avverte che questo astro nascente e crescente della politica sudafricana usa tutti i trucchi della retorica razzista, della propaganda che infiamma le persone le une contro le altre.
Purtroppo lo spazio è poco e riporto una minima parte di un ricco ragionamento che addirittura parte dalla propaganda nazista e che cita uno degli ufficiali di quei tempi, Hans Fritzsche: «Il crimine non inizia con l’omicidio ma con la propaganda». E avverte, il giornalista sudafricano, che i media devono stare attenti a riportare le parole della propaganda contro gli altri vissuti come nemici.
Forse una riflessione più pacata e profonda, sulle parole che fanno male e uccidono, farebbe bene anche al famoso "mondo occidentale" prima che sia troppo tardi. Prima che non sia in grado di guidare il carro armato lanciato in ripida discesa verso lo scontro. Si farebbe bene a fermare questa omologazione del pensiero politico piegato alle paure dell'elettore piuttosto che ai bisogni del cittadino.
Partendo da un concetto illuminista e rivoluzionario: tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizioni personali e sociali.
Lo dice la Costituzione italiana, articolo 3.
E così sia.
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