Le sfumature della Rainbow Nation e il Re Zulu contro i gay


In una Nazione dove la terza comunità è quella dei coloured, con un 9% della popolazione, riesplode la questione razziale per via del nuovo manifesto dei giovani della Democratic Alliance, che riporta un uomo (bianco) e una donna (nera) a mezzo busto (nudo). Il payoff è “In OUR future, you wouldn’t look twice”. Il doppio si riferisce ai due colori. Della pelle.
Il partito democratico cristiano si è imbufalito per via del richiamo alla sfera sessuale, in fin dei conti il Sudafrica è un Paese a prevalenza Protestante e può tollerare tutto, ma purché il meno visibile ed eclatante possibile. Il che, da un certo punto di vista, è anche forse meglio di certa cultura fintamente moderna.
C’è poi chi invece ne fa una questione di genere e notare che non c’è un manifesto con uomo (nero) e donna (bianca).
Ambienti dell’ANC invece soffiano sulla questione razziale che non gli sembra vero di potersi mettere sul pulpito dopo tanto essere stati invece messi negli ultimi tempi sulla croce per “razzismo”, con accuse tutte interne tra le varie componenti del partito.
C’è chi accusa il manifesto di riproporre uno stereotipo coloniale (parola pressoché bandita, in Sudafrica) e chi usa questa scusa per continuare la campagna elettorale contro l’avversario politico che piano piano erode all’Anc voti a ogni elezione.
Makashule Gana, giovane leader della DA, risponde che l’idea dietro a questo poster è esattamente quella di riaprire il dibattito attorno alle questioni della razza. Che è una questione delicata, perché ciascuno rivendica la propria identità ma pure un accesso paritario alle ricchezze, ma le scuole per i milioni di neri poveri sono sempre peggiori e la formazione scadente, le differenze sono diversità e nella maggioranza dei casi convivono mondi separati. In equilibrio, ma spesso mondi nettamente separati: eppure con un’identità culturale che rende quei mondi uno solo agli di un europeo che, a prescindere dal colore della pelle, difficilmente potrà trovarvi una propria sintonia. Quante volte mi è capitato di vedere persone così tanto diverse, d’apparenza e d’esperienza, condividere un pensiero che per me era inammissibile e che pure ho accettato per non fare rumore.

Rumore invece la sta facendo la vicenda di Goodwill Zwelithini, il Re degli Zulu che avrebbe parlato dei gay come di persone “schifose” durante un comizio. La Commissione sui diritti umani del Ministero della Giustizia ha aperto un’indagine per chiarire se quelle parole le abbia dette davvero e se sia, come dicono dalla casa reale, un errore di trascrizione. Re Zwelithini è una delle più influenti figure in Sudafrica: gli Zulu rappresentano la comunità numericamente più importante del Paese, con il 25% circa del 75% di popolazione nera.

I diritti delle persone omosessuali in Sudafrica sono tutelati financo con la possibilità di sposarsi e di adottare. Avevo raccontato di quella coppia in spiaggia con le 5 bambine adottate, ma potrei dire di amici e conoscenti. Ma anche qui, la differenza è tra ricchi e poveri. Nelle township la vita dei gay e delle lesbiche è segnata da rifiuto, emarginazione e anche violenza. Ho conosciuto uno di loro, delle vittime dico.
A prescindere da quello che risolverà la Commissione sui diritti umani, sarebbe bene che Re Zwelithini prendesse in mano il coraggio che contraddistinse i guerrieri Zulu e dicesse che quelle parole non solo non le ha mai proferite ma neppure pensate. 

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