La dura battaglia per la libertà d’informazione
E’ con un fermo, preciso, serio, inequivocabile
editoriale, che il direttore del Sunday Times chiede le prove circa l’accusa di
corruzione rivolta da ambienti della polizia nei confronti di alcuni
giornalisti che da tempo firmano articoli sulla disgraziata situazione
dell’intelligence sudafricana. E’
una guerra di veleni come non siamo abituati a veder raccontare sui nostri
giornali, ma soprattutto è un editoriale pesante, che non fa sconti a nessuno e
che non permette a nessuno di svilire il ruolo dell’informazione investigativa.
Una lezione utile anche per tanti giornalisti e direttori usi a scarso rispetto
per la professione.
Il Sunday Times è stato il primo giornale a denunciare l’anno
scorso Bheki Cele, capo nazionale della polizia per ora sospeso e sotto
processo: si tratta di uno degli scandali più discussi del paese, la
costruzione di due edifici della polizia allo strabiliante prezzo di quasi 2
milioni di euro, assegnato in trattativa privata con il grosso costruttore Roux
Shabangu. Ma ci sarebbe anche un appalto di quasi 3 milioni di euro legato ai
campionati mondiali di calcio. Intanto almeno 600 poliziotti sono stati arrestati solo nel Gauteng con le accuse di violenze e crimini
commessi nell’esercizio della loro funzione.
L’altro caso eclatante, riguarda l’ex capo della Crime
intelligence, Richard Mdululi: nel 1979 era entrato nella polizia dei governi
dell’apartheid. Poi è stato accusato di aver avuto un ruolo nell’omicidio del
marito di una sua ex amante ma l’elenco degli addebiti che gli vengono fatti è
lungo e arrivano a toccare anche l’attuale presidente Zuma, lo stesso Cele e
altre figure di spicco della politica sudafricana, tanto da renderlo un
personaggio centrale nella vita del paese: lo fa capire bene la domanda di un
titolo del Weekend Argus: “Chi protegge Mdluli?”
In questo clima, lo scorso ottobre il Sunday Times denuncia illegali
estradizioni di “sospetti” verso lo Zimbabwe ad opera delle forze speciali
degli Hawks: in una relazione della polizia, il Colonnello Kobus Roelofse riporta
voci secondo le quali i giornalisti sarebbero stati pagati da sostenitori di
Mdluli per spostare l’attenzione su un altro reparto.
Il Sunday Times aveva rivelato anche l’identità delle
persone rispedite a morte sicura nel paese di Mugabe e i poliziotti accusati hanno
confermato alcuni dei nomi.
Forte anche di questo, il Sunday Times è in edicola con la
prima pagina occupata dalle vibranti parole del suo direttore, Ray Hartley. Il
titolo del pezzo è inequivocabile: “To the hyenas: put up or shut up”.
Scrive, Hartley “the spin doctors who would like to reduce this
newspaper’s credibility and authority – and there are many with vested interests
in business, politics and the security forces who have been embarrassed by us – have seized on this rumor… of
course, if there is evidence of wrongdoing, no one would like to see it out in
the open more than this newspaper. We pride ourselves on our reputation, and
when allegations of impropriety are made about us, we look into them and reach
a conclusion as speedly as we can. To that end, we made four applications under
the Promotion of Access to Information Act demanding that the police hand over any
evidence that our journalists received payment for “placing” the story under
question… The bad news for the hyenas and their spin machinery is that we
intend to continue exposing their attempts to turn South Africa into a feeding
trough for the corrupt”.
E infatti sullo stesso numero del Sunday Times c’è la
seconda parte di un’inchiesta dal significativo titolo “Inside the evil empire”:
si parla di intercettazioni telefoniche e di come ufficiali del reparto dell’investigativa
anticrimine abbiano truffato le carte per ottenere dal giudice l’autorizzazione
alle intercettazioni telefoniche di Bheki Cele e di alcuni giornalisti del
Sunday Times. Bel colpo!
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