Corruzione e povertà




Nella calma carica di tensione attorno alla miniera di platino di Marikana, c’è un’altra notizia oggi in Sudafrica che però riguarda tutto il mondo, tutti i paesi, tutti i popoli e i loro governanti: è una notizia che si ricollega ai 44 morti di settimana scorsa, più tutti quelli che negli anni hanno perso la vita laggiù, sotto terra, a far esplodere bombe e rompere rocce alla ricerca di beni preziosi, per gli altri.

Zuma costa ai contribuenti 517milioni di rand di mantenimento, è il titolo dei giornali di oggi. La cifra è in parte oggetto di calcolo in parte una stima ed è da considerarsi quanto alla fine dei 5 anni di presidenza, Zuma sarà pesato sulle casse pubbliche e collettive.

Di sicuro è – senza sorpresa, scrivono i giornali – il più costoso dei funzionari del Governo, con una spesa di almeno 200 rand al minuto. Per pensare in euro bisogna dividere per 10: per capire le proporzioni reali in Sudafrica basta pensare che una domestica guadagna mediamente 120 rand per tutta la giornata di lavoro. I minatori della Lonmin diventati famosi per il bagno di sangue settimana scorsa – ma non certo gli unici lavoratori delle tante miniere sudafricane sul piede di guerra perché sottopagati – abbiamo imparato che vanno nello sprofondo della terra a rischiare la vita per 4000 rand al mese.
La cifra invece incamerata da Zuma, terza elementare, cinque mogli tutte a spese dei contribuenti, comprende stipendio, benefit e spese domestiche e familiari: 103milioni di rand all’anno. Si tratta di costi vivi: poi ci sono le famose case e i famosi aerei usati anche dalle consorti e fidanzate.
I conti al presidente Sudafricano glieli ha fatti Gareth van Onselen, un analista della DA, la Democratic Alliance, il maggiore partito di opposizione. I costi sono stati scorporati e la voce relativa alle spese familiari pesa “almeno” 15milioni e mezzo di rand all’anno.

La corruzione getta le masse in un circolo di povertà è peraltro il titolo di un editoriale che sempre oggi affronta questa argomento: la foto a supporto è una di quelle scattate proprio a Marikana in questi giorni, quella dove uno dei manifestanti passa significativamente la lingua sulla lama di una spada.



“La povertà dilaga nel nostro paese”, scrive una penna abituata a raccontare di rivolte, Farouk Araie sul Times Live.

“La povertà non è solo la mancanza di cibo, casa e vestiti. E’ anche la mancanza di opportunità, di infrastrutture, di sicurezza. Questo include l’assenza di acqua pulita da bere, elettricità sicura, efficienti trasporti di massa, strade, istituzioni scolastiche di qualità e cure mediche accessibili. Noi sappiamo che la nostra terra è dotata di risorse naturali ed è considerata una delle nazioni più ricche del continente africano. Eppure la maggioranza del nostro popolo vive nello squallore e ai nostri figli è negato un futuro.
Noi abbiamo una cricca, una manica di persone senza scrupoli, che gode le nostre risorse. Questa situazione orrenda non può essere può permessa. La nostra democrazia è in pericolo spaventoso[…] Noi siamo nauseati dall’epidemia sproporzionata che stanno assumendo la corruzione e la povertà nel nostro paese”.

Quando un editoriale in Italia è stato così sobrio eppure diretto e inequivocabile, non contro un singolo ma di condanna di una pericolosa mentalità diffusa? 

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