La strage dei minatori del platino (gr radio svizzera 17.08.12))
Nella cittadella di baracche di legno e di latta dove vivono
i minatori c’è paura, rabbia, sconcerto: gli 800 metri che li separano dal
campo della strage ora tutto recintato, hanno permesso loro di vedere gli
scontri, la sparatoria, la carneficina dei loro colleghi che protestavano da
una settimana per migliori stipendi e condizioni di vita.
Oggi la paga dei minatori è l’equivalente di 540 franchi
svizzeri mensili: loro chiedono 3 volte tante. A soffiare sul fuoco ci si sono
messi i due principali sindacati che si contendono la rappresentanza dei
lavoratori delle miniere e che ora vengono indicati tra i responsabili delle
decine e decine di morti.
La Democratic Alliance, il principale partito di
opposizione, chiede indagini veloci e indipendenti che chiariscano l’origine
dei fatti di sangue: nei giorni scorsi c’erano stati altri 6 morti tra cui 2
poliziotti. Un appello è stato lanciato anche ai leader religiosi carismatici perché
si facciano mediatori per una risoluzione pacifica delle proteste dei lavoratori
e per l’apertura di un tavolo di negoziazione: il loro ruolo sarà ancora più
importante della politica.
Se già prima i manifestanti avevano annunciato di non
abbandonare la lotta, ora la situazione di tensione è ben più complicata.
Anche l’Inkata freedom Party avverte di non sottostimare il
rischio di proliferazione di violente proteste: a gennaio e a inizio agosto
altri morti si erano contati attorno ad altre miniere nel nord del paese.
Mentre nel Western Cape dopo i 3 morti provocate da una sassaiola, la polizia
ha accerchiato la township di Kayalichia, 3milioni di abitanti all’ombra della Montagna
della Tavola, chiusi in shacks, pronte a esplodere al primo segnale.
Da Città del Capo, Lorella Beretta
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