La strage di Marikana e le speculazioni sul platino (e sui minatori)
La domanda che ora assilla il Sudafrica è semplice: come è
stato possibile che le sacrosante proteste dei minatori per salari dignitosi –
non i 4mila rand al mese di oggi - siano finite in una carneficina di Stato?
Un’ecatombe sul terreno di scontro tra la finanza che specula sulle comodities
e le organizzazioni sindacali sudafricane, protagoniste di un braccio di ferro
per contendersi la rappresentanza dei minatori sempre più massa critica in un
paese ricco ma in balia di corruzione e mal governo: l’emergente AMCU e lo
storico sindacato NUM sono le due sigle che ora si accusano a gran voce per
l’esasperazione delle proteste e per i corpi rimasti a terra a un centinaio di km da Johannsburg, sopra
le miniere della Lonmin. Altri 6 lavoratori erano stati uccisi dalla polizia a
gennaio e ad agosto in due località minerarie, sempre nel corso di
manifestazioni. Il tutto mentre il valore del platino crolla assieme alle
economie mondiali che prima ne fagocitavano milioni di once per l’industria, in
particolare quella delle automobili. Tutti i maggiori produttori – da Anglo
American a Lonmin – dai loro uffici centrali da mesi annunciano tagli agli
investimenti: con un’ovvia ricaduta consistente proprio in Sudafrica dove si
trova l’80% delle riserve di platino di tutto il mondo. E dove il Presidente,
Jacob Zuma, ha chiesto di deporre le armi solo ieri pomeriggio, dopo giorni di
violenze e decine di morti.
Città del Capo, Lorella Beretta
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