minatori, sobbillatori e giornalisti: alla ricerca della notizia
Sono stati i minatori accusati di omicidio per la morte dei loro colleghi uccisi dalla polizia fuori controllo?
Sono passate ore dall'inizio della ricerca della conferma di una notizia che rimbalza di agenzia in sito in tiggì o radioggì: la notizia, posto che sia tale, è stata lanciata dall'inglese Bbc, come inglese è la Lonmin proprietaria della miniera di platino diventata famosa per il bagno di sangue dei suoi lavoratori. E' stata ripresa dalle testate americane, italiane, francesi, addirittura zimbawiane. Tutte riportano come unica e comune fonte sempre lei, l'inglese Bbc. Per ore ai sudafricani la notizia, sempre posto che sia tale, non è stata data, fino all'ora di cena, quando i telegiornali ne hanno parlato, dando ovviamente sempre come fonte l'inglese Bbc. Stesso meccanismo per i website.
L'accusa ai 270 manifestanti arrestati di aver concorso all'omicidio dei propri compagni di lavoro era stata illustrata nei giorni scorsi come ipotesi dal portavoce della Procura del North West. Gli articoli 5 e 6 del Codice di Procedura penale prevede quella che responsabilità penale condivisa tra i presenti a un atto criminale, che la stampa sta sintetizzando con la formula "common purpose". Per l'ennesima volta viene tirato il parallelismo con l'Apartheid quando questo reato era stato in alcuni casi applicato: la speculazione politica è tuttavia piuttosto pelosa visto che il Sudafrica democratico ha confermato il reato nel proprio ordinamento.
Il problema vero è che se la notizia venisse confermata, sarebbe come accatastare quadretti di paraffina sul fuoco, come si usa fare qui in Sudafrica. Anzi, qui per i poveri, come i minatori ammazzati e quelli rimasti vivi, la paraffina incendiata è l'unica fonte di calore - e spesso di morte.
L'accusa di omicidio arriverebbe infatti proprio nel bel mezzo delle trattative tra Lonmin e sindacati per giungere a una soluzione pacifica delle rivendicazioni salariali delle migliaia di uomini impiegati a spaccare, perforare le rocce a profondità impensabili se non ci si è mai stati. Ma anche nel bel mezzo della campagna di primavera dell'espulso leader della lega giovanile dell'Anc, che da due settimane sta girando le miniere chiamando la massa di minatori alla rivolta. A lui interessa battere il ferro finché è caldo in previsione del Congresso di dicembre in cui il partito di Nelson Mandela dovrà decidere il proprio nuovo presidente. E se c'è una cosa sicura, è che Julius Malema sta facendo di tutto perché il suo nemico Jacob Zuma venga confermato. Malema sta correndo per il paese precedendo di giorni e di anni il suo antagonista, arringando le folle e accusando il Presidente. Oggi l'ha sparata grossa, interpretando però un sentimento diffuso e già più volte uscito dalla bocca di Desmond Tutu: i neri stanno oggi peggio che durante l'apartheid. E' un capitolo a parte, lungo e complesso.
Ora, se i manifestanti sopravvissuti, che pure erano armati di machete e lance, dovesse essere davvero caricata anche l'accusa di omicidio, oltre che di violenza, mentre non c'è in galera nemmeno uno dei poliziotti che ha sparato sulla folla, ecco, non ci sarebbe più molto spazio per la famosa mediazione pacifica. Se questo danneggi di meno i lavoratori o la Lonmin è da vedere.
Fatto è che oggi l'udienza presso la corte di Garankuwa, nei pressi di Pretoria, si è svolta tra le proteste fuori dall'aula - delle donne dei minatori in particolare - e una certa confusione procedurale dentro tanto da far decidere al magistrato Esau Bodigelo di postporre - per insufficienza di documentazione - a settimana prossima l'inizio del processo.
E in questo postporre - secondo l'inglese Bbc - ci sarebbe scappata anche l'incriminazione per omicidio.
Conferma l'autorità nazionale della pubblica accusa. E anche il portavoce della Procura che ha rinviato però a settimana prossima, ogni particolare. Nel mezzo potrebbe succedere di tutto, con i minatori che al 93% non sono rientrati dallo sciopero e il braccio di ferro sui salari e il Governo in carica sotto un fuoco di critiche (sebbene comprensibili).
A chi giova la notizia, che sia confermata o no, è difficile da dirsi. Forse. Ma aspettiamo che venga confermata. O no.
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