Sudafrica contro Israele: nuove etichette "made in occupied territories"
Made in Palestinian occupied territories: il Sudafrica ha compiuto l'ultimo atto e ora il Governo ha approvato la misura che impone ai prodotti Made in Israel provenienti dalla West Bank l'etichettatura unica nel suo genere. Finora si trattava "solo" di una direttiva del Ministro del Commercio e dell'Industria.
Le reazioni diplomatiche israeliane sono state furenti anche perché l'annunciato provvedimento segue di pochi giorni un altro passo sgradito a Tel Aviv: il vice ministro delle relazioni internazionali e cooperazione, Ebrahim Ebrahim, aveva lanciato un appello per "scoraggiare i sudafricani a recarsi in Israele". Aveva spiegato, nel corso di una conferenza stampa a Pretoria, a ridosso di ferragosto, che "come Governo crediamo fermamente che Israele è una potenza di occupazione che sta facendo in Palestina ogni sorta di azione condannata dalla comunità internazionale". Pochi giorni prima era saltata all'ultimo la visita a lungo preparata di una delegazione della provincia del KwaZulu-Natal in Israele.
Nel motivare la decisione relativa alle etichette commerciali, il Governo sudafricano fa esplicito riferimento ai confini tracciati dalle Nazioni Unite nel 1948 e non riconosce l'occupazione dei territori.
Passaggi significativi dal punto di vista politico ma pericolosi da quello economico, essendo rilevante il peso della comunità ebraica e dei suoi investimenti in Sudafrica. "Non si capisce perché siano stati adottati questi provvedimenti provocatori" si è chiesto Mario Oriani-Ambrosini, portavoce dell'Inkatha Freedom Party.
Per Gerusalemme l'esecutivo sudafricano spera così di presentarsi come difensore degli oppressi per guadagnare il consenso di quei sudafricani che sono delusi dal pessimo stato dei diritti umani nel paese.
Il Ministro degli esteri Danny Ayalon non ha misurato le parole:"Purtroppo sembra che i cambiamenti promessi in Sudafrica siano rimasti una promessa e il paese rimane uno stato di apartheid. E al momento l'apartheid è diretto contro Israele e contro i minatori sudafricani".
"Non stiamo dicendo ai sudafricani di boicottare i prodotti provenienti da Israele ma dobbiamo tutelare il diritto alla conoscenza dei consumatori: devono sapere che la merce che stanno per comprare arriva da territori non liberi, da territori occupati".
La posizione del Sudafrica nei confronti di Israele in fin dei conti è nota da sempre: con motivazioni e valori diversi, i Presidenti afrikaaner prima e Nelson Mandela dopo l'hanno sempre considerato e definito un paese che praticava la separazione.
Hendrik Verwoerd, 1961: "Gli Ebrei hanno preso Israele dagli Arabi dopo che gli Arabi ci hanno vissuto per migliaia di anni. Israele, come il Sudafrica, è uno stato di separazione".
John Vorster, 1976, ospite del Primo Ministro Yitzhak Rabin: "Israele e Sudafrica hanno una cosa in comune sopra tutte le altre: sono entrambi collocati in un mondo abitato da oscure forze ostili". Rabin confermò: "Gli ideali che uniscono Israele e Sudafrica: la speranza di giustizia e pace".
Nelson Mandela, Desmond Tutu: entrambi hanno sempre definito Israele uno Stato di apartheid.
Stesse parole, valori diversi.
E ora la storia si ripropone.
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