Tra la fame e la morte, la lotta dei minatori sudafricani



Resistono, decisi e armati: il 70% dei minatori ieri non ha ripreso a lavorare e non intende farlo nemmeno oggi.


La tensione è alta e il Ministro della Polizia sudafricano prova a prendere tempo ricordando che questa è la settimana del lutto nazionale e che l’ultimatum va sospeso. I due sindacati che si contendono i voti dei lavoratoi e che si sono accusati a vicenda di aver soffiato sul fuoco, continuano: la NUM, la sigla storica, ha chiesto alla polizia di garantire un rientro sicuro per i lavoratori sin da subito, anche se poi ha chiesto un rinvio dell’ultimatum al fine settimana. La Amcu, il sindacato in crescita ma minoritario e non ammesso alle trattative, ha denunciato di aver ricevuto telefonate intimidatorie e di non considerare sicuri i propri iscritti. 
Ad avvelenare il clima ci sono anche i giovani espulsi dall’Anc con il loro leader Julius Malema - vicini a Winnie Mandela - che hanno subito cavalcato le proteste e chiedono le dimissioni del presidente Jacob Zuma. Come benzina si sono aggiunte le dichiarazioni della neo capo della polizia, Ria Phiyega, per la quale i poliziotti non si devono scusare per aver sparato a morte sui manifestanti. Dove siano gli agenti e cosa succederà loro non si sa: i 259 minatori arrestati durante gli scontri rimangono invece rimasti in custodia e il processo rinviato al 27 agosto:  all’udienza le donne di Marikana urlavano in solidarietà con mariti e compagni. 

Oggi una seduta straordinaria del Parlamento si occuperà del bagno di sangue di settimana scorsa e delle proteste nelle miniere del Sudafrica. 

Lorella Beretta (gr h- 7 21 agosto 2012 - radio svizzera italiana) 

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