Le donne uccise prima e dopo Pistorius
"Quello che è successo quella notte lo sanno solo Oscar, mia figlia e Dio: se sta mentendo dovrà fare i conti con la propria coscienza. Se sta dicendo la verità, lo perdonerò": il padre di Reeva Steenkamp usa parole più morigerate di tanta gente che non sapeva neppure chi fosse la figlia, che vive ore di volo lontano da loro, un altro mondo un lato pianeta.
Non sarà facile sapere la verità, ci vorrà un pizzico di fede come quella di quest'uomo dal volto tondo e tirato. Se le prove sono quelle che sono state fatte intravedere in aula nel corso delle audizioni per la cauzione, l'accusa in mano non ha niente. Anzi. Quel poco che si era giocata - rilanciata senza dubbio alcuno dai giornali di tutto il mondo - è stata una miserevole imbarazzante sequela di errori: ancora oggi qualche giornale inglese rispolvera la ferita al cranio di Reeva che sarebbe stata fatta da Oscar con il famoso bastone da cricket, prima di ucciderla con i tre colpi di pistola. In aula, tanto il procuratore quanto l'investigatore quanto il magistrato hanno esplicitamente negato l'esistenza di segni di percosse sul corpo della modella sudafricana. A meno che non ritrattino anche questa posizione, diciamo che al momento potremmo definirla una certezza. I millantati steroidi si sono poi invece rivelati essere medicine a base di erbe: la testimone di urla da litigio sarebbe però la stessa che ha sempre detto di aver sentito 6 colpi. Le incongruenze nella versione del Pubblico ministero erano così tante ed evidenti che, pur sotto pressione di un'opinione pubblica formatasi su false prove ma comunque evocante la gogna, il giudice Nai ha dovuto giocarsi tutto il coraggio di una vita per pronunciare, arrotolandosi attorno a ragionamenti a spirale che non finivano mai, la liberazione controllata di Oscar Pistorius in attesa del processo vero e proprio che inizierà il 4 giugno.
Oscari Pistorius rimane accusato di omicidio premeditato. Potrebbe essere vero come no. Nessuno lo sa, come dice il padre della vittima, che era anche la neo fidanzata del fu eroe (para)olimpico. E' impossibile dire se quando ha iniziato a sparare voleva proprio colpire lei e ucciderla o pensava davvero ci fosse un ladro, nel bagno chiuso a chiave da dentro.
Mentre tutto il mondo scagliava pietre aguzze contro l'atleta amato e odiato, ci siamo persi l'arresto nel Limpopo di un 29enne accusato di aver molestato sessualmente, violentato in un campo, la figlia di due anni di un amico; o dei 15 fermati per un'altra serie di violenze sessuali su teenager, a Johannesburg.
Ufficialmente ogni anno vengono violentate 65mila persone, in Sudafrica. Donne, bambine, bambini. 25mila vengono uccise. Come Jo-Anne Diane van Schalkyk, 18 anni, uccisa anche lei nelle tesse ore di Reeva Steenkamp, tra il 13 e il 14 febbraio e trovata in un campo con la faccia completamente rovinata dai colpi che un ragazzo di 21 anni le aveva tirato dopo averla violentata. Lui era accanto a lei con ancora un sasso in mano, quando è arrivata la polizia. Di Jo-Anne non s'è parlato quasi nemmeno sui giornali locali sudafricani, perché non erano così importanti, né da vivi né da morti. Ma domani, 26 febbraio, l'attenzione si sposterà a Bredasdorp, dove si svolgerà la prima udienza per la cauzione dei tre ragazzi accusati di aver stuprato e poi ucciso, squartandola, Anene Booysen, 16 anni, diventata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Era l'8 febbraio e ancora Oscar Pistorius era famoso per le imprese mitologiche compiute in tutta la vita trascorsa su gambe posticce mentre Reeva Steenkamp la conoscevano gli amici e nel mondo della moda.
Domani dunque a Bredasdorp comincia il dibattimento per la libertà condizionale: il procedimento è quello che tutti hanno imparato seguendo passo dopo passo il caso Pistorius. Ma qui non ci saranno procuratori di grido, magistrati sotto pressioni e avvocati senza dubbi né paure. Chissà se fuori dal tribunale di Bredasdorp ci saranno le donne dell'ANC come è successo a Pretoria, chissà se in aula si presenterà il Ministro per gli affari delle donne, dei bambini e dei disabili che pure in questo caso, va detto, si è opposta alla libertà su cauzione.
Chissà se in questo caso, come in quello di Reeva e di tutte le altre centinaia di migliaia di vittime, ci sarà serietà e giustizia per le vittime. Senza infingimenti e forzature, come quelli che sono stati mostrati senza pudore agli occhi di tutto il mondo nel caso Pistorius.
La giustizia per le vittime, e una cultura della non violenza, si fanno con le prove e gli strumenti dati dalla giustizia terrena.
Un'amica sudafricana mi dice che scrivendo di queste cose, sembra che il Sudafrica sia violento e pericoloso. Il Sudafrica è un paese meraviglioso, in un perfetto ma sempre più difficile equilibrio. Ma è anche questo e ora che c'è stato un moto di orgoglio - risvegliato dalla tragica cronaca di Bredasdorp - è bene parlarne e combattere assieme.
Il Sudafrica non è "terzo mondo", come mi è capitato di leggere da qualche parte. Non è terra indisturbata di scorrerie e criminalità, come peraltro tutti già scrivono e pensano. Anche se poi dimenticano, quando si mettono a giudicare, senza sapere, le "paranoie" securitarie.
Il Sudafrica ha rischiato molto - per i propri cittadini - con questa prima tranche di processo Pistorius: ha rischiato la credibilità del sistema giudiziario, la fiducia nelle istituzioni. Se avesse vinto la pancia sulla ragione, il desiderio di vendetta su quello della giustizia, le opinioni pubbliche sulle prove e le evidenze, non ci sarebbe speranza nemmeno per il processo a chi ucciso la giovane Anene e tutte quelle ancora più anonime di lei.
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