Quarant'anni è un'età orribile perché è un'età un cui diventiamo ciò che siamo (C.Péguy)


Rifletto molto sulla felicità di questi tempi. Perché ho incontrato tante nuove persone capaci di essere felici anche in condizioni infelici e persone che non possono vivere che martoriando sé stesse e gli altri.
Perché essere felici quando si può essere tristi? La domande mi balenò qualche giorno fa, immersa in un clima cupo generato da persone della seconda categoria. E anzi, mi fu ancora più evidente quando un'altra volta passai da un'entusiasmante carica umana di gente piena di amore e felicità pur nella devastazione e nella difficoltà, alla mestizia voluta, cercata, di un luogo invece bello e confortevole.
In quest'anno di Sudafrica molte cose sono successe. Mi sono morti amici cari: l'ultimo proprio ieri, un medico di base e scienziato universalmente riconosciuto (non dai più, ma dalla comunità scientifica) al quale è capitato un infarto fulminante alla fine di una partita di tennis. Una bella persona, un uomo vitale, un sorriso luminoso e occhi azzurri da angelo. Studiava per far stare bene gli altri e curava chi stava male. Suonava il piano con l'entusiasmo e la passione pura del suo sguardo. Aveva un viso felice e rendeva felici la moglie, il figlio, gli amici. In questo anni di Sudafrica ho incontrato gente canticchiante mentre cammina per chilometri tra casa e lavoro e tra lavoro e casa. Magari sotto la pioggia, come quelle tre donne di ieri che facevano l'autostop fuori da una farm. Hi ladies e poi una risata che ti riempie la macchina e la giornata. Io porto rispetto per queste persone e provo odio e ribrezzo per le altre e purtroppo non riesco a non farlo presente. A volte con i dovuti modi. A volte senza mezze parole. Lo diceva anche il mio maestro delle elementari, Bruno Pirazzi. Era un omone alto alto che ci portava con la sua macchina spettacolare - il mitico Squalo - a suonare all'ospizio della città piuttosto che ai presepi viventi. Una volta andammo anche in tv e io ero vestita ad pastorella: una cosa abominevole. Bruno Pirazzi diceva alla mia mamma che io non avevo il grigio: o bianco o nero. E' un brutto modo di vivere, ma dentro questi alti e bassi la somma è positiva, la lancetta sta fissa nella metà con la scritta felicità.
In quest'anno di Sudafrica ho avuto alti e bassi: ho visto amici allontanarsi in brutto modo mentre ringrazio quelli che mi han saputo voler bene anche con i miei errori e le mie pazzie. Lontani dalla propria terra si può anche essere più sensibili e devo dire che ho pianto molto: tutt'ora mi vien da piangere anche per sciocchezze. Ci si sente a volte soli. A volte impazienti. Sembra di avvertire di più le perturbazioni sentimentali. O di saperle di più nominare. Vedere. Riconoscere. Ammettere.
Si rimettono in discussione tante cose. Ma rimane il mio faro, la felicità: lo imparai anni fa. Che quella è la domanda ultima.
E che per essere felici bisogna aver coraggio.
E sul coraggio - scriveva Charles Péguy - si basa la libertà.

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