Mugabe si sente solo, Tsvangirai urla ai brogli: la disoccupazione al 70%
(per la radio svizzera italiana radiogiornale 6.30 31 luglio 2013)
Elezioni col mitra puntato, quelli dei
militari che Robert Mugabe ha mandato ieri nei presunti covi di
sostenitori dell'MDC il partito di opposizione di Morgan Tsvangirai,
unico insolito avversario del Presidente-padrone anche in queste
elezioni. Alla fine di risultati contestatissimi, nel 2008, Mugabe
rimase presidente e Tsvangirai primo ministro.
Elezioni con gli occhi internazionali
puntati, anche se gli osservatori ammessi sono quelli di un'insolita
rosa di paesi non proprio famosi per la difesa dei diritti civili,
dalla Cina alla Russia, dal Venezuela a Cuba. Ci sara' anche una
sparuta rappresentanza americana ed europea, ma e' storia lunga, la
loro misurata condanna di un regime da 33 anni confermato da
appuntamenti elettorali violenti e contestati. Sospetti di brogli e
irregolarita' sono accuse gia' lanciate ancor prima dell'apertura
delle urne: non solo da Tsvangirai, oppositore ma primo ministro, al
centro di scandali sessuali e corruzione. Da anni, le associazioni
non governative e umanitarie internazionali denunciano mancanza di
liberta' di opninione, ma anche violenze e ricatti legati al voto.
C'e' chi gia' dice che ora e' anche peggio di 5 anni fa. Una cosa e'
certa: non si ferma l'esodo degli zimbauiani da un paese sempre piu'
povero, dove la maggioranza vive al di sotto della soglia di poverta'
estrema definita dalla banca mondiale; una fuga inarrestabile da un
paese con un'iper inflazione da numeri indicibili stoppata solo con
il cambio di moneta, e piu' del 70 per cento della popolazione senza
lavoro. Che dipendono dai fondi statali, dello Stato di Robert
Mugabe. Che a 89 anni e' ancora sicuro di avere un futuro da
Presidente dello Zimbabwe. O di quel che ne rimane.
Da Citta' del Capo, Lorella Beretta
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