Cellulari, impronte e dettagli
impronte |
ho perduto il cellulare sulla spiaggia. lui, un blackberry touch screen con copertina bianca, probabilmente stava la' inerme tra i granelli di sabbia candidi, quando e' stato rinvenuto. io me ne sono accorta tardi, quando a un certo punto mi e' venuto in desiderio irrefrenabile di documentare l'insolita obbedienza di Gioia e Rufus ai miei comandi. lo cerco nelle tasche dei calzoncini che ancora di giorno s'indossano volentieri, nonostante l'autunno inoltrato. non lo trovo.
mi guardo attorno.
tra me e l'inizio della passeggiata ci sara' più di un chilometro di deserto, fatta eccezione per alcuni gruppi di lumachine, stormi di gabbiani, solitari pescatori, un altro paio di cani, un uomo che fa jogging nella nostra direzione e la' in fondo un po' di bambini e ragazzini. mi guardo attorno, da un parte le dune di sabbia ricoperte di Fynbos, dall'altra l'oceano freddo della False Bay, davanti a me ancora una lungo percorso da fare. tornare indietro e' un po' un peccato. mi convinco che forse l'ho lasciato in macchina e proseguo. si corre a scatti, stop, sit, lay down, biscotto, wait, biscotto, go! s'incontra raramente un camminante, ci si saluta e sorride come usa qui.
non e' la lussuosa Camps Bay ma una di quelle spiagge vicine a certi quartieri "brutti" e pericolosi, dove si riversano genti parimenti "brutte" e pericolose. se tanto mi da tanto avrei dovuto ascoltare le parole di amici fidati e al di sopra ogni sospetto di pregiudizio e non avrei proprio dovuto fermarmi li, anche se e' bello. ma mal frequentato, mi han sempre detto. ma io sono testona e soprattutto non mi riesce proprio di dividere con la squadra il bello dal brutto. quando e' ora di tornare ripercorriamo lo stesso bagnasciuga e getto lo sguardo qua e la' che magari esce fuori il cellulare da una buca o tra le alghe giganti nere. niente.
arrivo in macchina che a quel punto dovrei trovare con almeno un vetro rotto eppure i finestrini sono tutti al loro posto ma del cellulare non v'e' traccia. metto i cani dentro - jump! - e senza speranza torno a cercare inutilmente. nell'infinita illusione che il male non alberga dove e' piu' facile indicarlo - creando mostri al di fuori di noi stessi, il piu' lontano possibile - raggiunta di nuovo la macchina mi accorgo che ci avevo pure lasciato dentro lo zaino. mai lasciare in vista niente, soprattutto in certi posti. lo sanno tutti. per fortuna, o forse la fortuna non ha un peso maggiore della profondita' dell'animo umano, tutto era li'. pur continuando a mancare il cellulare.
chiedo, sempre senza speranza, la cortesia di chiamare il mio numero. che squilla ma invano. riproviamo. risponde una signora. "lei sta rispondendo al mio cellulare" esclamo quasi come un'accusa. mentre me ne rendo conto freno, ammorbidisco il tono e scoppio in un fiotto di sorpresa quando gentilmente la voce femminile mi dice che ormai lei e' a casa e mi fornisce un indirizzo che non saprei collocare e lei magnanima mi viene incontro sulla strada del ritorno. attraversa a piedi una strada dove i camion e le macchine sfrecciano oltre i limiti e la decenza anche se a due passi da baracche di latta piene di bambini che giocano liberi senza protezioni.
la donna attraversa sventolando il mio cellulare tra le mani come fosse un trofeo e io le urlo "pay attention" mentre un tir bianco sgasa tutta la potenza del suo mezzo "abnormal", come ha scritto sul muso enorme. appena, agile a dispetto dell'abbondanza d'aspetto, raggiunge miracolosamente il mio lato l'abbraccio con una stretta come ho visto mille volte fare ai trapezisti al circo, l'unico spettacolo che io ami sotto il tendone.
lei sorride e anche se abbiamo la pelle di colore diverso mi dice che abbiamo in comune l'amore per gli animali e indica lo schermo del BB con la foto di Gioia e Rufus. mi sa non solo quello, sister. non solo quello.
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